Fairytale of New York: la (non) canzone di Natale compie 30 anni
Non parla di neve, di slitte o di sorprese sotto l’albero, ha ben poco di sentimentale, eppure, da quando è uscita, è una delle canzoni in assoluto più associate al Natale.
Fairytale of New York è venuta alla luce il 23 novembre di un ormai lontano 1987, ma ogni dicembre che Dio manda in terra, l’ormai trentenne “canzoncina”, scala diligentemente le classifiche per fare di nuovo capolino nelle nostre vite e venire a strapparci il cuore.
Di cosa parla veramente? Racconta la storia di due immigrati irlandesi, arrivati in America in cerca di fortuna. E qui si apre un bivio: potete scegliere di continuare a credere a Babbo Natale, chiudere questa pagina e tornare a fare quello che stavate facendo prima di aprirla, oppure potete andare avanti a leggere, squarciando il velo di Maya che avvolge questo brano meraviglioso. E secondo me vi piacerà ancora di più. (sono chiaramente esclusi quelli che sanno benissimo di che si tratta e stanno già facendo spallucce. vi vedo!) (seguono anche curiosità. mangari quelle vi mancano)
Occorre premettere che Shane MacGowan, leader dei Pogues e autore del pezzo in questione, nonostante sia nato il 25 dicembre (forse proprio per quello), sul genere umano una volta si è pronunciato in questa maniera: “La gente è a tanto così dall’ammazzarsi, stuprarsi, accoltellarsi, spararsi, massacrarsi, strangolarsi. È quello che vogliono fare e lo faranno comunque, indipendentemente da quanto cazzo frignate.” Lo scrive James Fearnley, membro della band, nella sua autobiografia (Here Comes Everybody).
Pensieri “natalizi” a parte, Jem Finer, coautore (e banjo player) di Fairytale of New York, inizialmente cercò di scrivere una canzone su un marinaio che a Natale sente la mancanza della moglie, ma fu proprio la moglie di Finer, Marcia Farquhar, a cassare immediatamente l’idea, etichettandola come banale. “Va bene, allora trova tu una storia più originale”, replicò lui. E così fu. Il grosso della trama (ispirata alla relazione di due amici newyorchesi) venne proprio da Marcia: una coppia attraversa un momento difficile, ma poi in qualche modo trova la redenzione. MacGowan all’epoca non aveva nemmeno mai visto New York e forse è per questo che ci ha messo due anni a scrivere la perfetta favola di Natale americana, che, per farla più semplice, è un po’ un litigio in tre atti.
C’è il ricordo della magia dei primi tempi:
“You were handsome. You were pretty
Queen of New York City
when the band finished playing, they howled out for more
Sinatra was swinging, all the drunks they were singing
we kissed on a corner
then danced through the night.”
(eri bello. eri carina, regina di New York. quando la band smise di suonare, ne chiesero ancora. Sinatra dondolava, gli ubriachi cantavano. ci baciammo in un angolo e ballamo nella notte)
C’è la rabbia nel constatare che ormai quella magia è svanita per sempre:
“You’re a bum, you’re a punk
you’re an old slut on junk
lying there almost dead on a drip in that bed
you scumbag, you maggot
you cheap lousy faggot
happy Christmas your arse, I pray God it’s our last.”
(sei un mantenuto, sei un teppista. sei una vecchia puttana drogata, lì sdraiata quasi morta con la flebo in quel letto. tu feccia, tu verme, tu piccolo frocio da quattro soldi. Buon Natale coglione, prego Dio che sia il nostro ultimo)
E infine c’è la resa e l’incapacità di lasciarsi, nonostante tutto:
“I could have been someone
well so could anyone
you took my dreams from me
when I first found you
I kept them with me babe
I put them with my own
can’t make it all alone
I’ve built my dreams around you.”
(avrei potuto essere qualcuno. chiunque potrebbe esserlo. mi togliesti i sogni quando all’inizio ti trovai. li ho presi con me, piccola, li ho messi con ciò che mi appartiene. non posso farcela da solo, ho costruito i miei sogni attorno a te)
La prima versione era ambientata in Irlanda: “It was a wild Christmas Eve on the West coast of Clare. I looked ‘cross the ocean, asked what’s over there?”. E per Shane, a quanto pare, è stato un vero e proprio parto:
“È la canzone in assoluto più complicata che mi sia mai trovato a dover scrivere e cantare. Il bello è che invece sembra semplicissima.”
Elvis Costello, che nel 1985 aveva prodotto il loro Rum, Sodomy & the Lash, suggerì di chiamarla Christmas Day in the Drunk Tank, ma a MacGowan il titolo pareva poco accattivante e siccome Finer proprio in quel periodo stava leggendo il romanzo di James Patrick Donleavy, A Fairy Tale of New York, chiesero allo scrittore il permesso di utilizzare il suo.
A febbraio del 1986 i Pogues sbarcarono a New York per il loro primo tour americano e Shane si innamorò perdutamente della Grande Mela. La sera stessa del concerto, nel backstage si presentarono Peter Dougherty, che poi diresse il video della canzone, e Matt Dillon, che nello stesso video recitò la parte del poliziotto che arrestava MacGowan.
Ai tempi, Fairytale of New York si è fatta soffiare il primo posto della classifica dalla versione di Always on My Mind dei Pet Shop Boys, ma Shane non se n’è mai fatto un cruccio: “L’importante per me era arrivare al primo posto in Irlanda. Del resto non ho mai pensato che gli inglesi avessero buon gusto.”
Riferimenti:
– Fairytale of a fairytale (BBC, 21 dicembre 2007)
– Here Comes Everybody by James Fearnley – review, Alexis Petridis (The Guardian, 14 giugno 2012)
– Fairytale of New York: the story behind the Pogues’ classic Christmas anthem, Dorian Lynskey (The Guardian, 6 dicembre 2012)
– The making of Irish Christmas song “Fairytale of New York” by The Pogues, Niall O’Dowd (Irish Central, 12 dicembre 2016)