l’aglio e il senso della vita
[perché non tengo mai la bocca chiusa…?]
Interno giorno, supermercato.
lovlou – «Una vaschetta di pesto, grazie.»
uomo del banco drogheria – «Con o senza aglio, signora?»
(mi mordo la lingua su quel “signora”: odio quando mi chiamano così. non mi gratifica, piuttosto fa pensare che sul mio viso comincino a vedersi un po’ troppe rughe)
lovlou – «Con! Assolutamente con!»
uomo del banco drogheria (sorridendo) – «Oh, che bello: una donna che non ha paura dell’aglio.»
lovlou – «Più che altro a me fanno paura quelli che non lo mangiano. Magari sono vampiri.»
uomo del banco drogheria (ridendo fragorosamente, si rivolge alla cliente successiva) – «Dica pure.»
cliente successiva (risentita) – «Mi dà due etti di cotto e una vaschetta di pesto SENZA AGLIO.»
Ho perso una buona occasione per stare zitta, lo so, ma davvero mi è difficile non essere prevenuta. Che senso ha un pesto senza aglio? E’ come mangiare la sacher senza marmellata o il tiramisù senza caffè (sì, lo so che esiste anche quello alla frutta, ma non ditemi che è la stessa cosa!).
Mi viene in mente la scena di Harry ti presento Sally, quella in cui lei ordina la torta di mele (la vuole riscaldata e non ci vuole il gelato sopra, perché lo vuole a lato. E che sia di fragole, non di crema…). E mi domando quand’è che siamo diventati così ad “alto mantenimento”.
Tornando all’aglio, “Ah, io mica lo digerisco” è la frase che sento ripetere agli “agliofobi”. E la conseguenza di questa intolleranza diffusa qual è? Che ormai, anche in diverse drogherie o ristoranti del levante ligure, il pesto viene servito soltanto in versione “ridotta”.
Il mondo sta cambiando davanti ai nostri occhi: siamo bravissimi ad accumulare cose inutili, poi però leviamo l’aglio dal pesto.