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la musica sbagliata (sos tata)

baby meConfesso che sono sollevata. Stasera sono giunta a una conclusione a dir poco illuminante: ciò che sono diventata non è affatto colpa mia. Eh, no! Per risalire alla mia genesi psico-caratteriale non ho dovuto faticare nemmeno troppo. Mi è bastato fare qualche passo indietro, una sorta di percorso autoipnotico di stampo musicale.

Ho meno di zero anni, mi sto rotolando bellamente nel liquido amniotico, quando a un certo punto dal giradischi parte una ballata simil greca, cantata in italiano con accento smaccatamente francese. Di che parla lo scopro molto più tardi, ma la prima bozza del mio tatuaggio vitale è, ahimé, già compiuta.

Lo straniero (Georges Moustaki) – La storia è quella di un meticcio, “metà pirata, metà artista, un vagabondo un musicista… con questa bocca che berrà a ogni fontana che vedrà e forse mai si fermerà”. Chitarra alla mano e barba incolta, giusto per mettere subito le cose in chiaro, il caro Georges sta dicendo, nemmeno troppo velatamente, che di professione fa il puttaniere. Però lo afferma con aria piacionica e finto mesta. Poi aggiunge: “ho fatto male a viso aperto e qualche volta ho anche sofferto, senza però piangere mai. E la mia anima, si sa, in purgatorio finirà, salvo un miracolo oramai”. In soldoni, la faccia di tolla, il maudit della situazione, quello che non è cattivo di sua sponte, ma lo disegnano così, diventa in breve tempo l’uomo dei miei sogni proibiti.

Colpa della mamma (la francofila) che, oltre a quel vinile, di lì a poco fa partire un altro 45 giri esistenzialista.

Tous Les Garcons (Francoise Hardy) – Tradotta: “Tutti i ragazzi e le ragazze della mia età sanno bene cosa significa essere felici… sì, ma io, l’anima in pena, me ne vado sola per le vie”. Tutti insomma saranno in grado di godersi a pieno la vita. Tutti, tranne la sottoscritta. Tatuaggio numero due! Non a caso, non molti anni dopo, mi soprannomineranno “l’âme en peine” (l’anima in pena).

Non che papà, dal canto suo, abbia saputo fare di meglio, eh…
Ho qualche mese appena quando in casa arriva la signora bionda col basco nero. Quella a cui, poveretta, passa un’autostrada proprio nella pancia.

Refuge of the roads (Joni Mitchell) – Sopra un fraseggio di chitarra misto a uno di basso a dir poco ammalianti, la signora con il mal di pancia canta: “Cuore, buonumore e umiltà renderanno più leggero il tuo fardello”. Convinta lei. Io a tutt’oggi non ne sono così sicura. La storia dell’umiltà poi… Ho avuto spesso a che fare con personaggi tutt’altro che umili. Nel 90% dei casi loro se ne stavano diversi gradini sopra il mio, prendevano 10 volte il mio stipendio, ma il fardello lo appioppavano a me. La canzone prosegue: “Mi sono unita a dei vagabondi, stravaccati su una spiaggia cittadina”. Beh, ma se anche il babbo dà il benestare, allora ho deciso: da grande voglio fare esattamente questo!

A Joni Mitchell, va detto, devo più di un tatuaggio musicale (del resto songs are like tattoos è farina del suo sacco).

Hejira (Joni Mitchell) – “Sai, sono davvero felice di starmene da sola. A volte basta il lievissimo tocco di un estraneo a farmi sentire un fremito nelle ossa”. Alè, terzo imprinting: la condanna all’indole caliente, passionale e sanguigna. Tutte componenti fondamentali per combinare costantemente dei meravigliosi casini. In tutti i campi.

Insieme alla signora del Canyon, sempre “grazie” al babbo, arriva anche l’altro spirito libero canadese, the loner. Quello che, tra le altre colpe, ha quella di avermi scaraventato in un mondo di suoni dolenti e melanconici, di chitarre acustiche e suggestioni folk da cui non uscirò (viva) mai più.

The thrasher (Neil Young) – Come posso crescere “politicamente corretta”, accomodante e diplomatica, dopo essermi fatta venire gli occhi lucidi ascoltando Neil prendere in mano la sua valigia e un biglietto di sola andata per la terra della VE-RI-TÀ. Io che come lui ancora fingo di domandarmi dove siano spariti alcuni amici… Mr. Young, insomma, ha appena compromesso irrimediabilmente (con una sola strofa) la mia vita sociale e lavorativa.

Il colpo di grazia poi me lo dà il fratellino, che qualche anno dopo essere venuto al mondo (e già questa non è rottura di balle da poco) mi ossessiona con Kurt Cobain. Ho più o meno 15 anni quando Luca, nella sua cameretta, ascolta questa in loop:

Territorial pissing (Nirvana)
“Non ho mai incontrato un uomo saggio. Quando mi capita, si tratta di una donna”. Ma è chiaro: le donne sono esseri superiori! Capisci fratello? Del resto, lo dice anche il tuo mito. Il poveretto, che già ne ha subite da piccino, grazie al supporto di Kurt, continua ad essere vessato dalla sottoscritta ancora oggi.

Ora io mi chiedo (e lo chiedo a voi): poteva la bambina le cui tenere, piccole orecchie hanno sopportato tutto questo, diventare una persona normale?


Nella foto lovlou – © del suo babbo

3 commenti

  • Sara

    Pensa, secondo la tua teoria, che trovo super corretta [ io sono stata mangiata dalle angosce esistenziali di un Battista sempre in crisi con la vita ] che cosa diventeranno dunque i miei poveri pargoli?? E i tuoi???? 😀 [ ci chiederanno i danni morali non già al primo anno d’asilo quando scorgeranno i “normali” ]
    <3

  • susanna

    ne deduco che andare al concerto di Fabri Fibra gravida non sia stata una gran mossa…

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