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Un signore di nome Dennis Hopper (Farewell, easy rider!)

Dennis Hopper & me
Non ricordo la data: ogni volta che ci sono di mezzo numeri, il mio cervello si rifiuta di memorizzare. Ricordo però, come fosse oggi, il mix di emozioni di quella giornata.

E’ una delle mie primissime interviste per GQ, nonché la realizzazione di un piccolo grande sogno. Ho appuntamento con Cibra (la collega) davanti al Principe di Savoia. Dobbiamo incontrare, in un colpo solo, Jeremy Irons, Laurence Fishburne e Dennis Hopper. Li accomuna, a quanto pare, la passione per le moto. L’intervista infatti è stata organizzata da BMW.

Vado matta per Irons. Ho tenuto per anni una sua foto sul comodino. Colpa dei ruoli, “discretamente” malati, da guastatore, impulsivo e passionale, che lo hanno reso il sogno proibito perfetto per una ragazzina. Fishburne è Neo Morpheus (grazie a Violetta per la correzione) di Matrix, ma i palestrati non sono mai stati il mio genere. Hopper invece è un pilastro, anche se, stupidamente, la scena della sua carriera che mi è rimasta più impressa è quella in cui dà a Bob Dylan dell'”artista del cazzo”. Eh eh eh.

Sono felice e agitata come una bambina. Entro nella hall con videocamera e microfono e ho un sorriso stampato in faccia che Doris Day mi fa una pippa. Dopo una mezz’ora arriva il trio. Irons è in tuta intera e occhiali scuri. Fascinosissimo. Manca poco e svengo. Fishburne dal vivo è ancora più massiccio. Meglio non farlo incazzare.

Poi c’è Hopper, che si porta dietro la classe e la consapevolezza di chi ha visto il mondo, ha vissuto la vita intensamente e ne è uscito indenne e fortificato. Tiene tra le dita un sigaro e ha uno sguardo espressivo e lievemente malinconico. Lo scorgo appena attraverso le lenti fumé dei suoi occhiali. Sono di fronte a un pezzo di storia. Me ne rendo perfettamente conto e mi sento tremendamente piccola e fuori posto.

Le interviste volano e io sono talmente frastornata che con Jeremy Irons dimentico persino di accendere il microfono… Non ricordo quasi nulla delle loro risposte adesso. Solo espressioni, sguardi, gesti e i miei battiti accelerati. Mi restano un paio di scatti, in cui ho la faccia di chi ha appena visto la Madonna. Quello di cui vado più fiera però lo vedete qui sopra. Abbraccio un easy rider, che su strade polverose e poco battute sembra averci passato l’esistenza e che quel giorno si è comportato da vero signore con una novellina.

Keep on riding, Mr. Hopper!

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